Nel 1948 L’organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute: “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità.” (OMS, 1948)
Il concetto di salute acquista con questa definizione il valore globale che intendeva George L. Engel nel 1977 quando riscriveva il modello medico, ricordando come esso dovesse allontanarsi da quello organico della mera causalità lineare per avvicinarsi alla globalità del modello bio-psico-sociale.
La psicologia della salute si occupa di studiare gli atteggiamenti e le credenze sui comportamenti di salute che permettono o non permettono alle persone di modificare il proprio stile di vita, questa branca della psicologia permette di aiutare la persona nel processo di cambiamento di tale stile e accompagnarla e sostenerla nelle modificazioni comportamentali che esso comporta.
Nella società in cui viviamo ci viene chiesto un ritmo sempre più veloce: ogni giorno dobbiamo districarci tra il traffico per arrivare in orario al lavoro, fermarci un’ora in più in ufficio, rientrare a casa e sbrigare qualche faccenda, cucinare, fare spesa, accudire i nostri figli e rispondere alle loro esigenze. La vita frenetica e lo stress che ne deriva possono incidere in modo negativo sulla nostra qualità della vita e sulla nostra salute psico-fisica.
Non possiamo prescindere dal nostro lavoro e dalla frenesia delle nostre vite ma sicuramente possiamo mettere in atto tutti gli accorgimenti possibili per renderle più sane e più lunghe.
In questo breve articolo vorrei ricordare un celebre studio condotto negli anni settanta ad Alameda County, California, da due ricercatori interessati a studiare gli effetti delle “sane abitudini”.
Belloc e Breslow (1972), intervistarono 7.000 residenti chiedendo loro quali tra questi “comportamenti di salute” praticavano abitualmente:
1- Dormire 7 o 8 ore per notte;
2- Non fumare;
3- Fare colazione ogni mattina;
4- Non bere più di un drink o due al giorno;
5- Fare regolare attività fisica;
6- Non mangiare fuori pasto;
7- Non essere sovrappeso in misura maggiore del 10%.
Dopo aver chiesto ai cittadini quali abitudini applicavano furono indagate le malattie che avevano avuto e quanti giorni di lavoro avevano conseguentemente perso nei precedenti 6-12 mesi.
La correlazione tra stili di vita salutari e malattie contratte era inversamente proporzionale al numero di comportamenti salutari messi in pratica.
Inoltre, nel follow-up (incontro di verifica successivo al trattamento) a 9 e 12 anni di distanza, la mortalità era nettamente inferiore tra gli individui che mettevano in pratica tutte e sette le sane abitudini.
In particolare: gli uomini “sani” avevano un tasso di mortalità del 28% rispetto agli uomini che mettevano in pratica da zero a tre abitudini e le donne avevano un tasso di mortalità del 48%.
Non esistono elisir di lunga vita ma possiamo fare molto per rispettarci, amarci e poterci essere il più a lungo possibile.
Cristina Di Loreto
Bibliografia:
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Engel, G. L. (1977). La necessità di un nuovo modello di medicina: una sfida per la biomedicina. Da “Nucleo monografico sul saggio di George L. Engel: la necessità di un nuovo modello di medicina:una sfida per la b
iomedicina” pubblicato in AeR-Abilitazione e Riabilitazione, Anno XV – N. 1- 2006 a cura di Cesare Albasi e Carlo Alfredo Clerici.
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Taylor, E. S. (2009). Health Psychology. Seventh Edition. University of California: McGraw Hill.